È un lavoro di squadra quello che rende vincente il modello toscano di sostegno alla ricerca e all’innovazione, un tassello fondamentale dell’economia occupa in totale 100mila persone, di cui 20mila ricercatori. Lo ha ribadito il presidente della Regione, Enrico Rossi, che dal palco del convegno “La ricerca toscana in scena”, che si è tenuto il 22 novembre al Teatro della Compagnia di Firenze, ha sottolineato la centralità dell’alta formazione nello sviluppo e nella competività della Toscana.

Sul palco sono stati presentati i 20 progetti finanziati grazie all’accordo tra Regione, MIUR e Agenzia per lo sviluppo territoriale, che hanno creato 250 nuovi posti di lavoro, a cui si aggiungeranno altre 6 idee innovative che saranno presto sovvenzionate, come ha annunciato Rossi.
“Agli oltre cinquanta milioni di fondi nazionali ed europei che hanno consentito di finanziare venti progetti, ne aggiungiamo altri 8 della Regione e così sei ulteriori progetti si sbloccheranno e potranno partire – spiega Rossi – il nostro modello non è quello dell’autonomia o dell’autarchia, perché non vogliamo fare da soli e sulla ricerca è importante invece il lavoro di squadra e l’integrazione. “ “Al governo – aggiunge – chiediamo semmai una collaborazione rafforzata e un altro accordo di programma come quello che è alla base dei progetti presentati oggi”.

Inoltre la Regione metterà a disposizone delle università e delle piccole imprese i suoi uffici a Bruxelles, per agevolare i rapporti con l’Unione europea. “La Toscana – ricorda Rossi – ha utilizzato 60 milioni di fondi Horizon2020. Non sono pochi: l’Emilia Romagna si ferma ad una quarantina, il Veneto a trentatré. E’ merito del grande valore dei nostri ricercatori, università e centri di ricerca”.
Quelle idee e ricerche però non sempre diventano brevetti industriali: un limite, un cruccio non solo toscano ma italiano, la sindrome di Marconi. E così il presidente della Toscana rilancia l’iniziativa di un ufficio che aiuti il mondo della ricerca a brevettare i propri progetti. “Ne stiamo discutendo con le università e i centri di ricerca e ci stiamo lavorando”.

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